Mostra fotografica "La fotografia degli anni ’70. L’esperienza e la testimonianza quotidiana" [Nuoro]

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Venti artisti espongono circa duecento opere al Museo Man di Nuoro: in mostra immagini che intendono raccontare quel periodo, fondamentale per la convergenza tra fotografia e arti plastiche, attraverso la lente delle "normali" storie di vita e di lavoro

Anni Settanta, anni fatidici: eredi di un decennio tra i più rivoluzionari del dopoguerra e momento di incubazione di ciò che connoterà il poi e che disegna l’o ggi. Il Man - Museo d'arte Provincia di Nuoro, diretto da Cristiana Collu, li “racconta” attraverso un mezzo, la fotografia, che in quel decennio si trovò a vivere un momento del tutto particolare, così come particolare è ciò che l’obiettivo ha inteso catturare: la quotidianità, lembi di vita reale e proprio per questo straordinaria testimonianza.
Fotografia e quotidianità sono termini il cui legame con gli anni Settanta è del tutto specifico. È stato in quel decennio, infatti, che la vita quotidiana irrompeva nella fotografia e, mentre si andava componendo la dicotomia arte/fotografia, nascevano nuove relazioni tra fotografia e arte contemporanea, superando divisioni prima marcate e trasformandole in contaminazioni e commistioni.
“La fotografia degli anni ’70. L’esperienza e la testimonianza quotidiana”, grazie a una coproduzione internazionale che ha unito il polo espositivo sardo a La Fabrica/ PhotoEspaña 2009 e al Centro Andaluz de Arte Contemporaneo di Siviglia, propone dal 23 ottobre 2009 al 17 gennaio 2010 uno sguardo retrospettivo su un gruppo di opere e di autori che contribuirono a definire gli anni Settanta come i più importanti e fecondi della storia recente della fotografia. Uno degli aspetti più singolari di questo periodo è il privilegio di cui la fotografia gode e che rende possibile una convergenza, non consueta in quel momento, tra l’ambito più specifico della fotografia e quello più vasto delle arti plastiche, testimoniato anche dal notevole numero di artisti. Prova ne sia il fatto che alla fotografia faranno ricorso tutti indistintamente. È importante sottolineare che questo rinnovato interesse per la fotografia passa soprattutto per la valorizzazione dell’idea di documento e dello stile documentale, come modello privilegiato e legittimo per la rappresentazione della quotidianità in combinazione tra la sfera pubblica e quella privata.
Al Man saranno presenti circa 200 sceltissime opere di una ventina di artisti che realmente hanno fatto la differenza nel campo delle arti visive di questo periodo, offrendo un ampio e diversificato ventaglio di immagini paradigmatiche e nello stesso tempo di attitudini estetiche e concettuali. Tra loro, nomi di rilievo internazionale come David Goldblatt, Christian Boltanski, Anders Petersen, Cindy Sherman, insieme ad altri che, come Robert Adams, Laurie Anderson, Claudia Andújar, Victor Burgin, Sophie Calle, William Eggleston, Hans Peter Feldman, Alberto García-Alix, Karen Knorr, Víctor Kolář, Ana Mendieta, Fina Miralles, Gabriele & Helmut Nothhelfer, J.D. Okhai Ojeikere, Carlos Pazos, Eugene Richards, Allan Sekula, Malick Sidibé, Ed van der Elsken, Kohei Yoshiyuki, hanno percorso strade del tutto personali, di interesse assoluto. Ad uno solo di loro, Goldblatt, la mostra offre due diverse “isole”: nella prima l’artista si misura con il tema dell’apartheid, nella seconda conduce una ricerca sulle mani come altro viso di una persona.
La selezione di autori per questa mostra è “esemplare”, nell’accezione del termine “esempio”: sarebbe potuta essere qualunque altra, privilegiando però solo i “grandi”, coloro che hanno lasciato un’impronta nella storia della fotografia del decennio, lungo un percorso che prende idealmente inizio dalla serie di Eugene Richards Giorni di Rochester per concludersi con Víctor Burgin e le sue proposte di una vita differente.
Tutte e ognuna delle immagini raccontano una storia “quotidiana”: la quotidiana monotonia dell’uscita degli operai da una fabbrica (Allan Sekula), oppure l’indagine sulle abitudini sociali, come fa il nigeriano Ojeikere con il rito della pettinatura; o la manifestazione dell'indifferenza sociale davanti ai problemi degli altri, come la serie di persone che guardano il sangue che esce sotto la porta di una casa, di Ana Mendieta. Sguardi sulle infinite quotidianità di un tempo che già mentre veniva catturato diventava passato.




INFO

dal 23 ottobre al 17 gennaio 2010

presso: Museo Man

indirizzo: via Satta, 27

orario: 10:00/13:00 - 16:30/20:30 dal martedì alla domenica

costo: Ingresso gratuito. Servizio gratuito di visita guidata (attivo dal martedì al sabato dalle ore 10:00 alle 12:00 e dalle 16:30 alle 19:30 e le ultime domeniche del mese).

info: info@museoman.it

Web: www.studioesseci.net




fonte: www.culturaitalia.it

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