Con gli scatti di Raffaela Mariniello, David Farrell, Guy Tillim, Paolo Ventura, Pieter Hugo, Tim Davis, Claudia Jaguaribe, Milton Gendel, Shi Gourui, Miguel Rio Branco.
Il punto di partenza di questa prima collettiva sono stranamente delle foto degli anni '50: Milton Gendel è il solo a esporre fotografie non realizzate per l'occasione, ma sono immagini che hanno un forte valore simbolico. Lui è americano ma unico residente a Roma, espone due fotografie che sono icone di un suo arrivo in città, e della sua vita che da quel periodo si è spostata, senza più riuscire a tornare indietro, a Roma. Graciela Iturbide, che che ha realizzato la "commissione Roma 2007" e ha appena vinto l'edizione 2008 del prestigioso premio Hasselblad, è tornata invece ultimamente per rifotografare l'orto botanico e quelle piante che sono la sua passione da sempre, e rappresentano il suo legame con il Messico e con quei deserti tra USA e la sua terra natale che lei ha percorso molte volte.
Anche i pini fotografati da David Farrell sono un dato visivo che ci riportano a ritroso ai boschi e agli alberi che dall'Irlanda di Innocent Ladscape, una serie di fotografie realizzate nei luoghi dove nove giovani furono uccisi e sepolti dall'Ira tra gli anni '70 e i primi anni '80, passano alla regione di Iwate in Giappone, il suo primo lavoro esposto al festival, per poi ritornare a Roma con il lavoro e il workshop sulla via Francigena, passando attraverso il paesaggio intorno a Lugo di Romagna. La foto di Guy Tillim, altro fotografo a cui il festival è particolarmente vicino, è la conseguenza di un suo nuovo lavoro che esporrà alla Fondazione Henry Cartier Bresson nel 2009 e che lo ha visto fotografare i palazzi africani e iniziare a indagare sulle città. Miguel Rio Branco espone per la prima volta al festival, e con questa piccola serie di foto trova forse per la prima volta una dimensione racchiusa e discreta di uno spirito barocco e di grande respiro che si avvale di un raffinato uso della luce, quanto di un retroterra visivo e culturale che affonda in un Brasile intriso di religiosità quanto di un sensuale spirito di strada. Anche lei brasiliana, e anche lei per la prima volta presente a FotoGrafia, Claudia Jaguaribe ha affrontato il suo primo impatto con la città di Roma attraverso il movimento, la paura di affrontare millenni di storia con la velocità di un mezzo di trasporto pubblico che taglia trasversalmente la città e riporta alla vita della città, in una prospettiva che trova nel transitorio il miglior antidoto per affrontare l'eterno. Questo lavoro sul rapporto fra transitorio e ciò che è intriso di storia, fra tempi di consistenza diversa che alterano la percezione della realtà è affrontato con un approccio tutto ironico da Raffaela Mariniello che critica il fenomeno del turismo di massa in Italia che ha trasformato le nostre città in dei beni di largo consumo, dei grandi, surreali, souvenir. Un approccio tutto diverso da quello di Paolo Ventura, che lavora sul ricordo, sulla reminescenza, che riproduce in piccoli teatrini fatti di materiali poveri, distrutti ogni volta subito dopo essere stati fotografati. La dimensione reale di Roma, la necessità di spogliarla dal suo mito per ritrovarla nelle piccole cose, in quegli aspetti anche dismessi o poco usuali, anche poco identificabili con i luoghi comuni che le sono attaccati, sono i punti focali della ricerca di Tim Davis, borsista all'Accademia Americana, che da quasi un anno a questa parte non fa altro che vagare per Roma, farsi trascinare dai flussi della città, spinto dall'idea che ciò che oggi appare come scarto sarà forse al centro dell'attenzione di un'archeologia del futuro che ricerca la storia oltre i suoi monumenti. Per quanto diverso, è un modo di operare vicino a quello di Pieter Hugo, altro fotografo, sudafricano come Tillim, che al festival ha già partecipato con un lavoro intitolato Albinos. Pieter Hugo tende sempre ad entrare nella realtà delle cose attraverso i loro aspetti marginali, o posti al margine. Così ha fatto a Roma, ritraendo una famiglia, una qualsiasi, che di questa città dice tutto e niente, in casa loro, entrando, discretamente, nel cuore delle cose. Di certo non si può definire discreto l'approccio di Shi Gourui, unico orientale presente quest'anno, con questa sua monumentale fotografia della Colonna Antonina. Un'immagine familiare a molti, ma resa in uno straniante effetto di grande negativo, e ripresa con un metodo quasi teatrale, costruendo una camera oscura delle dimensioni di una stanza, che come in un'impresa di altri tempi, non rinuncia a confrontarsi, in modi di contemporanea monumentalità, con il peso di questa città.
INFO
dal 4 aprile al 25 maggio 2008
presso: Palazzo delle Esposizioni
indirizzo: Via Nazionale, 194 - Roma
orario: domenica, martedì, mercoledì e giovedì: dalle 10.00 alle 20.00; venerdì e sabato: dalle 10.00 alle 22.30
costo: intero 12,50 euro (possibilità di ingresso ridotto a 7,50 euro con ZoneAttiveClub)
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